Da
un'intervista a Valerio Dragonetti nella sua bottega di Viale Gramsci ad
Anghiari
Valerio Dragonetti restauratore nato ad Anghiari nel 1967 sotto il segno
della Bilancia
L'arte del restauro l'ha imparato dal babbo Carlo meglio conosciuto come
"Carlumino" perché fuori della chiesa di S. Agostino
all'altezza di un pozzo chiuso c'era una nicchia con una madonnina e Carlo
ogni mattina era addetto ad accendere questo lumino.
Da bambino andando a curiosare in bottega rimaneva letteralmente incantato
nel vedere come da tutti quegli aggeggi che nelle mani del babbo prendevano
vita ed eseguivano i lavori più diversi venivano fuori le cose
più fantastiche.
"
il babbo era uno di quelli che se gli mancava qualche cosa
prendeva e se la faceva. Anche durante i cinque anni di prigionia in Egitto
ha continuato a fare il falegname. Le valige per tornare a casa se le
era fatte lui e le conservo ancora. Si è fatto anche un accendino
laggiù.
Era un uomo piuttosto fantasioso e questo certo lo ha aiutato nel lavoro
per migliorarsi.
"Poi verso i 15 anni ho iniziato anch'io a stare in bottega. Prima
in estate quando la scuola non c'era, poi dal '90 ho personalmente rilevato
l' attività.
Mi ricordo che il mio babbo era sempre in bottega - la stessa dove ora
lavoro da solo - con la mia mamma: lui con il legno, lei il tombolo. Dalle
cinque della mattina fino alle dieci la sera. E fuori ricordo cataste
di mobili che arrivavano fino al terrazzo. Lui li lasciava là.
Negli anni '60 non rubava niente nessuno, e non erano nemmeno così
rari questi mobili. Prima se c'erano quattro o cinque cassepanche si prendeva
il meglio da ognuna e magari se ne tiravi fuori una, due
adesso
da quattro-cinque cassepanche qualche volta se ne tirano fuori anche sei
Capito?
per far capire come è la differenza del tempo
Ricordo che mia mamma chiamava le amiche e in bottega cominciavano
a chiacchierare e quando mio padre non ne poteva più
la bottega
non è grande, è quella che è
e lui non osava
dire niente, ma mi ricordo che cominciava a fare la polvere per mandarle
via
Laggiù in bottega ho ancora la sua giubba da lavoro e il cappello
e gli occhiali
i suoi fogli
qualche volta li prendo, gli
occhiali, perché servono anche a me quando faccio qualcosa al traforo:
ne approfitto
Io ho imparato da lui; ho fatto Istituto d' Arte,
ma erano i professori a passare da mio padre per chiedergli come fare
certi pezzi. In questo lavoro conta molto la pratica. Star un anno con
mio babbo si imparava
Il suo modo di restaurare
l' ho visto
fare di quei lavori .. dalla doratura, all' intarsio, la pittura, finti
marmi, ebanisteria
sapeva fare di tutto. A livello di natura, è
nato con la dote di saper disegnare, amante dell' estetica
Uno
che è sdatto, è sdatto
Lui no: lui era capace
poi per l' epoca ha iniziato presto
c'era bisogno
Mio babbo scherzava sempre
con me poi era diventato come fossimo
due fratelli. Poi dall'88 il rapporto si è ancora più affiatato,
diciamo, perché nell'88 è morta mia mamma: loro avevano
un rapporto molto buono e stavano insieme dal mattino alla sera e io con
loro. Mio fratello era via, mia sorella si era sposata. Se si litigava
per i soliti motivi poi ci si riavvicinava subito: era come una cosa di
cui non si poteva fare a meno, riavvicinarsi.
Ho questi ricordi di mio padre allegro, "pacioso", e quando
ci voleva diventava anche severo. Io sono nato qui in questa casa sopra
la bottega
son sempre stato qui
e per quanto mi è
possibile la bottega l' ho lasciata come era quando c'era lui: mi fa piacere
vivere un po' con la sua presenza, il suo ricordo
anche di mia mamma.
Mi ricordo una volta che era estate: mio babbo aveva sui 60 anni e io
ero li fuori e ho visto.
All' epoca lavorava in particolare per gli antiquari e questi pretendevano
di portare l' oggetto oggi e di ritirarlo accomodato domani e di pagar
poco. Mio padre era costretto a fare il lavoro perché l' antiquario
ne portava tanto, e poi fatti i salti mortali per finirlo per tempo e
l' antiquario gli chiede "quanto è" e l' antiquario voleva
dargli la metà. Era sempre così. E allora in questo caso
è successa una mezza rissa. Forse perché c'ero anch'io la
cosa non è andata per le peggio. Io lo calmai, se no andava a finire
che
Proprio perchè mio padre di carattere era tranquillissimo,
quando arrivava al limite scoppiava e allora
E poi da lì
si interruppe quel rapporto di lavoro e mio babbo non ne volle sapere
più, degli antiquari. Tra gli anni '50 e '70 gli antiquari han
fatto i soldi
e i restauratori lavoravano molto. Io ho trovato
un quaderno dove mio babbo segnava le ore e i soldi per i lavori: roba
da.. roba da fantascienza
ma come faceva?! L' antiquario ci prendeva
un milione, e a mio babbo dava 600 lire. Questo per far capire la proporzione:
era considerato un mestiere poco importante, umile, alla stregua del ciabattino,
diciamo
Lui non ha deciso di smettere di lavorare: ha smesso due settimane prima
di morire perché non ce la faceva più. Se lui oggi fosse
ancora vivo avrebbe 84 anni e sarebbe in bottega.
Anche quando sono diventato grande mi dava sempre consigli preziosi. Questo
è un lavoro che si impara sempre e io - ora che mio babbo non c'è
più - mi spiace che a suo tempo potevo ascoltarlo con più
attenzione
Dovevo dedicargli più tempo, imparare qualche
cosina in più . In una bottega ci sono dei segreti
ognuno
ha i suoi
e un genitore le cose al figlio gliele dice, anche se
ci ha messo magari 30 anni a scoprirle.
Lo ringrazierei perché mi ha introdotto nel mondo del lavoro, anche
se io a 15 anni non è che mi piaceva tanto. Ma è grazie
alla sua tenacia che io oggi ho un Mestiere. Mi ricordo che negli anni
'60, lavorando per gli antiquari e vedendo che nell'antiquariato giravano
molti soldi, il mio babbo avrebbe voluto aprire un'attività commerciale
per poter vendere i mobili da lui restaurati. In effetti in quegli anni
aveva già da pagare il mutuo della casa e quindi un'impresa del
genere avrebbe comportato qualche rischio. Mia madre era invece contrarissima
e perciò erano continue discussioni. Alla fine per la buona pace
in casa mio padre rinunciò.
Molti anni dopo quando la mamma ereditò da sua zia Lucia un fondo
in piazza cazzotti, restaurato poi negli anni '80, fui io a prendere l'iniziativa
e da posteggio dei barocci qual'era stato un tempo lo riempii di mobili
e oggetti antichi e ne feci una vetrina di esposizione.
E' là che la domenica mattina, dopo aver sistemato in Piazza Baldaccio
assieme ai miei amici e organizzatori de Mercato Memorandia i gazebo che
danno riparo agli espositori, vado prendere le cose da esporre. E mi lascio
suggerire da come prevedo che sarà il tempo.
Se prevedo tempo bello per tutta la giornata allora a Memorandia porto
mobilio, cornici, quadri, stampe
Se prevedo tempo piuttosto brutto allora mi limito a oggetti di rame,
bronzo, ottoni e roba dorata per spezzare la caligine del tempo e trappole
(da lupi com'è il tempo).
In effetti la meteorologia è una delle due grandi passioni, l'altra
è la micologia. Le due M
mica acqua di occhi!!
Fin da bambino la neve ha esricitato su di me un fascino irresistibile.
Mi ricordo quando il mio babbo mi regalò il bob più bello
che si poteva comprare ad Anghiari. Attrezzati di tutto punto si andava
a sciare per via maggio. Ancora adesso appena sento odore di neve sui
monti lascio tutto e parto. In primavera, estate e autunno sono i funghi
a portarmi fuori dalla bottega. E per la micologia ci vuole sapere di
meteorologia. Quindi io le coltivo entrambe.
Non molto tempo fa tutte le mattine mi chiamavano in diretta da Radio
Tiferno per avere il mio bollettino meteorologico del giorno dopo. Mi
chiamavano il colonnello Giuliacci e fra una previsione e l'altra ci si
scambiava qualche battuta per far ridere gli ascoltatori.
Con Pietrino della Calla si andò una volta a cercare i funghi
e siccome si aveva sete si scese al Chiassone per bere. Ma come?! diss'io
tu berresti l'acqua del fosso?
E lui: "acqua corrente, la beve il serpente, la beve il buon Dio,
la posso bere anch'io" e la bevve
segue
|