Da
un'intervista a Valerio Dragonetti nella sua bottega di Viale Gramsci ad
Anghiari
Colloquio con Fabiano Acquisti del 24 giugno ricostruito da Renato Li
Vigni
Fabiano Acquisti nato 50 anni fa nel Borghetto di Anghiari accetta dopo
qualche esitazione di raccontarmi come si diventa collezionista di cose
antiche. Ci diamo quindi appuntamento nella mia casa di piazza della Croce
e in un caldo pomeriggio di giugno seduto comodamente in poltrona Fabiano
inizia il suo racconto.
Il mio interesse per il collezionismo si può dire che è
nato da bambino quando attratto da tutte le cose belle che mi circondavano
mi mettevo a osservarle così attentamente da rimanerne incantato
e allo stesso tempo curioso di conoscerne i segreti.
Da citto la maggior parte del tempo la passavo a S. Agostino la piazzetta
dove adesso c'è il Museo Taglieschi. Mi ricordo il palazzo Taglieschi
pieno di famiglie, mi ricordo le finestre vissute con la gente che si
affacciava e anche il palazzo Marzocco era uguale: c'era l'Armida e c'era
la Novella che faceva la cuoca all'asilo. Io mi affacciavo e dalla mia
finestra vedevo la mamma della Novella e la salutavo.
Era vissuto il paese anche allora e dove adesso c'è la Madonna
del Borghetto ci viveva la povera Nada. C'era tanta vita lì intorno
e c'erano gli anziani, Sant'Agostino era bellissimo.
C'era l'Armida che aveva il bar dove adesso c'è l'ingresso del
museo Taglieschi. Lei aveva il banco di mescita proprio dove c'e la biglietteria.
Con i tavolini molto belli tutti con il piano di marmo. Poi si trasferì
poco più in là dove oggi c'è il palazzo del Marzocco
e anche lì c'è stata tanto. Dopo di lei la gestione la prese
la mamma del Gabellini. L'Armida l'ebbe fino al '73 -'74. Me la ricordo
d'inverno con indosso una mantella che sotto ci teneva lo scaldino di
coccio per tenere calde le mani. Era anziana
ma forse mi appariva
così per quei vestiti lunghi fino ai piedi che sempre portava,
vestiti scuri e con le scarpe di panno. L'Armida era quella che teneva
sempre un fazzoletto in testa. Era bellissima e se un giorno vai al cimitero
anche in fotografia puoi vedere com'era bella. Ad Anghiari ce n'era allora
gente bella come la maestra Dinda, la maestra d'asilo. Portava sempre
vestiti lunghi fino ai piedi. Io ero piccino e quei lunghi vestiti la
facevano ai miei occhi ancora più alta.
Poi c'era la Lalla, la straccivendola, che veniva a raccattare con l'Ape
le pelli e tutto quello che la gente buttava via. Erano cose belle e non
capivi perché la gente li buttava. Forse era il consumismo per
cui mancando il lucido una cosa va buttata via. Buttavano via letti vecchi
che oggi avrebbero un valore, lampadari e tante altre cose. Avere avuto
posto dove tenere questa roba sarebbe stata una vera fortuna.
In questo ambiente cresceva in me il gusto per le cose antiche, per le
cose belle. Per quelle stradine la sola parola che potevi sentire era
quella schietta anghiarese con continui scambi di battute che solo noi
potevamo capire. Per me bambino quelli erano tutti personaggi meravigliosi
ma le figure che più mi piacevano erano Beppe Mazzi e Don Nilo
Conti il preposto che amava tanto Anghiari da comprare il Palazzo Marzocco
e il Palazzo Taglieschi per poi regalarli al Comune. Furono soprattutto
loro che mi hanno aperto la prospettiva per il gusto delle cose antiche
e belle.
Dopo che le famiglie avevano abbandonato il palazzo Taglieschi, con il
preposto che voleva fare questo museo, in quell'ambiente ha iniziato a
girarci determinate cose per fare questo museo. Vedevi arrivare gente,
antiquari, vedevi cose mai viste, ed io ero citto, e seguivo Beppe Mazzi
quando lui metteva a restaurare questo materiale che gli arrivava: mobili
e oggettistica di vario tipo. Mi ricordo di un piccolo incudine di ottone
che serviva per fare lavori a sbalzo in oreficeria. E Beppe Mazzi che
era una persona molto disponibile, una persona meravigliosa anche se non
sembrava, mi spiegava tutto quello che volevo sapere. C'era in me un interesse
a sapere a conoscere, a capire. Oltretutto assieme alla curiosità
mi nasceva dentro il desiderio di potere avere anch'io qualcosa di bello.
La mia famiglia non era di quelle ricche, anzi
tutt'altro.
E una volta Beppe mi regalò un braciere di rame. Ma il regalo più
bello era stare ad ascoltarlo e là imparavo qualcosa che in nessun
libro di scuola si può trovare perché nessuna scuola ti
può insegnare certe cose. Magari farti vedere come è fatto
un mobile, oppure come era stato lavorato un lampadario di ferro battuto.
Perfino le cartoline o le vecchie fotografie che a quei tempi erano poco
considerate acquistavano ai miei occhi un fascino tutto particolare.
Una volta Beppe Mazzi mi mostrò una fotografia scattata in occasione
di una visita ad Anghiari della regina Elena proprio là dove adesso
il Cicalino ha la pizzeria al taglio. Beppe mi spiegava che la regina
si era fermata qui da noi proveniente da Monterchi dove c'era stato il
terremoto che aveva distrutto ogni cosa. Nella foto si vedeva anche una
macchina molto bella probabilmente quella su cui viaggiava la regina.
Insomma questa foto in mezzo a tante altre mi spinse poi a collezionare
anche vecchie cartoline di Anghiari.
Intanto tutt'intorno si lavorava per realizzare questo museo dentro il
Palazzo Taglieschi e Beppe mi raccontava tutta la storia che ci stava
dietro: i vecchi documenti, i grandi artisti che avevano lavorato ad Anghiari.
E questo suscitava in me un particolare interesse per conoscere la storia.
E allora ho iniziato
. con che cosa? Non potendo studiare, perché
allora non c'erano i mezzi, cercavo libri vecchi da leggere ed era là
che trovavo quelle notizie che poi mi piaceva approfondire con Beppe ma
anche con il preposto Don Nilo Conti.
Avevo 10 anni nel 1966 quando si fece la mostra delle armi degli armaioli
anghiaresi. E questi erano tutti spunti per me che avevo dentro questo
senso di voler capire chi erano questi maestri artigiani e con quale arte
erano riusciti a realizzare quei capolavori.
Ad Anghiari oltre a Beppe Mazzi per la via del Comune in via XXV luglio
avevo come amico e maestro di vita il povero Settimio un altro artigiano
falegname che conosceva anche lui delle belle storie. Erano dei veri personaggi
molto caratteristici con il loro particolare modo di fare, a volte anche
severi ma se trovavano un figliolo che magari era interessato - e io ero
interessato - alle sue domande non si rifiutavano mai di rispondere. Fermavano
le macchine, ti ascoltavano. Beppe quando aveva da fare dovevi aspettare
un pochino ma poi si metteva a sedere e ti dava tutte le spiegazioni e
ci stava anche un'ora. Settimio invece spegneva anche la macchina. Era
un tipo eccezionale. Il figliolo Vitruvio insegnava alla Scuola d'Arte.
Mi ricordo anche del professor Fontana grande esperto di ceramica e del
professor Nomi allora preside dell'Istituto d'Arte di Anghiari che sembrava
burbero ma era un brav'uomo, di un rispetto che oggi insomma si va perdendo.
Quando intorno a te gira tutto un discorso di questo tipo non puoi che
esserne coinvolto. Io non avevo studiato che fino alla 5^ elementare e
poi con le scuole serali fino alla 3^ media. Allora c'era bisogno di lavorare,
purtroppo era così. Il mio babbo era morto presto aveva solo 56
anni e io avevo 13 anni e mezzo e quindi dovetti abbandonare la scuola
rimanendomi ancora dentro tanti interessi. Iniziai quindi a lavorare e
benché miseria ce n'era ancora tanta pur di soddisfare un poco
la mia passione cominciavo a cercare qualche oggetto, poi magari non lo
compravo perché non avevo i quattrini. Il problema era tutto lì.
Piacendomi la storia mi avvicinai al collezionismo di libri antichi.
Mi incuriosiva molto tutto quello che riguardava la Repubblica di Cospaia.
Mi ricordo che Beppe Mazzi mi raccontava di quando andava in giro per
le campagne a raccogliere tanta roba e spesso ritornava a dirmi di questa
antica Repubblica di Cospaia. Per documentarmi sulla storia iniziai quindi
a raccogliere dei libri. Mi ricordo che una volta in mezzo ai libri trovai
delle cartoline e questo mi fece scoprire il francobollo di cui apprezzavo
il fatto che generalmente viene emesso per commemorare un evento o in
ricordo di personaggi la cui storia poi andavo a cercare nei libri. Ecco
perché mi piacevano i francobolli. Nonostante sia un uomo di chiesa
uno dei primi francobolli che mi colpì era quello raffigurante
Mazzini di cui ho sempre ammirato le opere. E quindi cominciai a mettere
da parte i francobolli e poi avendo qualche soldo ho iniziato anche a
comprarli. Acquistai le serie del Risorgimento e della Repubblica Romana.
Al contempo raccoglievo anche le cartoline di Anghiari del '900 in cui
si poteva osservare come Anghiari andava cambiando. Spesso ne ho fatto
scambio e qualcuna l'ho anche venduta.
Mi sono anche appassionato di monete e appena ho potuto mi sono fatto
l'intera collezione della Repubblica italiana ma dopo che è uscito
l'euro ho smesso perché è qualcosa di troppo vasto.
Preferisco collezionare quelle medievali che sono sempre delle piccole
opere d'arte. A quei tempi con un conio si potevano battere non più
di un centinaio di monete. In effetti il bello della moneta è la
storia che ci sta dietro: la collezione diventa qualcosa di prezioso quando
sei sicuro dell'autenticità ma in più ti dà l'opportunità
di andare a cercare la storia e ti apri quindi ad altri interessi. Lo
stesso con i francobolli il cui interesse non è il valore, in quanto
quelli rari sono inavvicinabili, ma la storia, di quel personaggio che
è raffigurato, di quel paese e soprattutto la storia del mio paese.
Io devo molto agli artigiani anghiaresi che conobbi quando ero bambino,
grazie a loro, stando a contatto con tutte queste persone che vedevo quotidianamente
mi educavo al gusto delle cose belle e artistiche.
Dappertutto per Anghiari potevi sentire battere col martello, vedevi la
forgia che scintillava, e poi ti trovavi davanti le cose che venivano
fuori da tutti questi gesti esperti e misurati e sapevi tutto il lavoro
che ci stava dietro. Di restauratori ce n'erano diversi come Settimio,
Carlomino che era il babbo di Valerio Dragonetti, Loris Cangi che aveva
un botteghina in via del Castello Antico, Gnaso lo zio di Santino che
restaurava molto per Milton Poggini. E poi c'era il Calisse che tirava
la carretta con sopra i mobili che prima del restauro passavano rotti
e poi restaurati tutti avvolti con il cartone. Calisse zio della Mara
Calli e babbo di Piero Calli era anche lui un bel personaggio davvero!
Lo vedevo viaggiare con questa carretta che portava mobili forse al figliolo
per farli restaurare. Calisse il fratello di Galliano Calli. Con i miei
occhi stupiti vedevo un movimento delle cose antiche che mi appassionava.
C'era in giro tanta roba vecchia e Beppe Mazzi che la ricomprava mi spiegava
che gli oggetti antichi bisogna lavarli con molta pazienza tre-quattro
volte e stare attenti a non spatinarli per lasciargli tutta la bellezza
originale. Beppe lo sapeva come trattare le cose per tirargli fuori tutto
il fascino dell'antico. In lui vedevi il raccoglitore, il restauratore,
l'amante della storia. Era insomma un personaggio completo. Tant'è
vero che da lui veniva tanta gente: antiquari e anche il preposto ci si
soffermava spesso. Guardandolo e osservandolo era un grande personaggio.
Aveva una piccola botteghina e con molta calma lavorava e ripuliva e riportava
l'originalità anche al pezzo che sostituiva. Molti dicevano che
il pezzo restaurato si deve riconoscere. Ma lui non era d'accordo e utilizzando
materiali vecchi e con tutta la sua calma faceva rivivere gli oggetti
antichi riportandoli all'originale bellezza. Mi ricordo che quando mi
sono sposato si fece tutto il mobilio moderno, ma poi ti stancano perché
sono freddi. Mi ricordo che mia moglie quando portavo la roba antica non
la teneva in gran conto ma poi ha cominciato anche lei a capire. Vecchie
stampe che ho incorniciato per arredare la mia casa. E' una maturazione
del gusto che non finisce mai.
Le cose vanno tenute in ordine e quando sono vecchie non è vero
che vanno buttate via. L'antico non deve essere rotto per forza. Il restauro
può dare lo stesso fascino. Come collezionista ho imparato tutto
ciò.
Una volta mi accorsi che anche i quaderni erano una cosa affascinante.
Fino agli anni '60 avevano un fascino che oggi non hanno più. Allora
c'era la tematica sul Risorgimento e quindi nei quaderni si rappresentavano
tutte le battaglie per l'unità d'Italia. Ma di serie ne uscirono
tante, in particolare mi ricordo quella delle novelle e quella di Pinocchio.
In prima pagina c'era la figura e dietro la narrativa. Ne ho tanti di
questi quaderni e mi affascinano ancora tanto. C'erano quaderni con le
città, le città delle varie regioni d'Italia e anche questo
era un modo per insegnare la geografia. Oggi niente di tutto ciò.
A me sembra che c'è più nelle copertine di allora che nei
libri di oggi.
Qualcuno colleziona solo la copertina di questi quaderni ma a me interessa
anche l'interno soprattutto se è usato. All'interno se riesci a
leggerci - una volta ci si sforzava di scrivere bene e leggibile - trovi
temi di tutti i tipi. Ho trovato persino un quaderno con tutti i titoli
di film. Ma c'erano anche quelli dei contadini che li usavano per annotare
ogni cosa riguardante il loro lavoro. Quindi è interessante anche
quello che ci si può trovare dentro. E' un vissuto che ti racconta
una storia: giusto il nome che abbiamo voluto dare al nostro Mercato "Memorandia
le cose che raccontano". In tal modo puoi capire come prima a scuola
veniva insegnata la matematica, come si facevano i dettati, i riassunti,
i temi. Ne ho tanti quaderni, non li ho mai contati ma sono davvero tanti.
Ci sono quelli del tempo delle colonie d'Africa e là c'erano bravi
illustratori davvero. In qualcuno c'era anche la marca da bollo e questi
oggi hanno più valore. Quaderni degli anni '30-'40, anni in cui
solo pochi si potevano permettere di acquistare questi quaderni. Più
comuni erano quelli con la copertina nera che continuarono ad esserci
anche negli anni a venire fino ai miei tempi.
Cosa mi porta a collezionare: l'amore per i ricordi belli o brutti che
sono passati ma anche il potere lasciare qualcosa ai figlioli o a chi
queste cose sarà in grado di apprezzarle. Raccogliere soprattutto
per il piacere di conoscere la storia dell'uomo. Una sera in piazzola
si parlava con Sergio e gli dicevo che io ho una memoria visiva di tutti
quei personaggi che c'erano una volta ad Anghiari.
segue
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